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2 Novembre 2024

“Día de los Muertos” e “Continuing Bonds”

La nostra tradizione celebra il due di novembre la cosiddetta “festa dei morti”.

Ognuno di noi, durante il corso della sua vita, affronterà la perdita di una persona cara e ritengo che in una società tanatofobica ovvero spaventata dall’idea della morte, sia importante includere nella nostra consapevolezza quotidiana invece quella fetta di realtà chiamata morte, tanto negata ed evitata, che appartiene però al processo naturale della vita di tutti. Inoltre, sembra che da alcuni decenni abbiamo sempre più perso l’interconnessione con i nostri defunti e anche se l’abbiamo esclusa ad un livello mentale, tale legame ci appartiene profondamente ad un livello animico ed emotivo.

Insomma, questa festività possiamo attraversarla con diverse emozioni, e tra queste anche la gioia, come ci insegna la cultura messicana che, a partire da tradizioni precolombiane e cattoliche, con l’iconica celebrazione del “Día de los Muertos”, rappresenta un modo tradizionale unico di onorare la vita e celebrare i defunti con la gioia dei colori, dei fiori tipici della zona e per mezzo del travestimento di scheletri colorati proprio per affrontare e attutire la paura della morte. Tra l’altro, il regista Lee Unkrich nel cartone animato “Coco” (2017) presenta il tema della morte rendendolo accessibile anche al pubblico dei più piccini, offrendo allo stesso tempo spunti di riflessione e profondità di significato per il mondo adulto. La cultura messicana, quindi, è capace di offrire alla sua popolazione una Death Education, rivolta a tutte le età per accrescere la consapevolezza della morte ed offrire un modellamento positivo per affrontare la paura del lutto. Questo film, infatti, riesce a rappresentare una cultura che sa demolire un tabù, dalle nostre parti invece ancora radicato, e sa celebrare invece la vita in tutte le sue sfumature e parti del viaggio.

La festa dei morti è, dunque, un’occasione per onorare la memoria, celebrare il legame e rafforzare la consapevolezza che, attraverso il ricordo, i nostri cari continuano a vivere nel nostro cuore.

Immagine tratta da: https://decode.uai.ac.id/coco-hiburan-terbaru-dari-disney/

Avere una mente aperta al concetto di vita nella sua interezza, oltretutto ci aiuta a vivere a pieno il tempo della nostra vita. Prepararci alla morte significa infatti, vivere la nostra esistenza in modo appagante, aprendo la coscienza all’apprezzamento del nostro sistema mente-cuore-corpo, dei nostri talenti, alla valenza delle relazioni e dei valori, specie quelli dell’Amore e della Gratitudine. La morte è un modo per esistere e ci educa a vivere, e la vita è preziosa proprio perché ha una fine (Berrino, Bortolazzi, 2021).

In questo scritto non mi soffermo sul processo del lutto ma è chiaro come la festa dei morti possa portare con sé il riverbero emotivo della propria fase evolutiva rispetto all’elaborazione della perdita di una persona amata. Barbara Carrai, tanatologa e formatrice, testimonia così: “trasformare le ferite in feritoie richiede grande forza d’animo perché richiede la capacità di trasformare i limiti in risorse. […] Quando in un’ostrica penetra un granello di sabbia è dolorosa ma le cellule della madreperla iniziano a lavorare per ricoprire il corpo indifeso dell’ostrica. E allora si forma la perla, che quindi è una ferita cicatrizzata. Un’ostrica che non è stata ferita, che non ha conosciuto il dolore, non produrrà mai una perla”. Ecco che, dal dolore e dalla perdita, si può ricostruire e coltivare, in maniera trasformativa, un legame nuovo con sé e con l’altro anche se fisicamente lontano.

Gli studi recenti, inoltre, ci indicano come il processo del lutto non avvenga più nel tentativo di sciogliere il legame di attaccamento con il defunto ma anzi, mantenendo il legame in una nuova forma di adattamento e di continuità (De Luca, 2023). È interessante sapere come Klass e Walter (2001) hanno individuato quattro modalità “non patologiche” per mantenere di legame con il defunto che ci possono tornare utili quest’oggi e nelle quali possiamo forse ritrovarci e sentirci “OK”:

  1. “The sense of presence”, il sentire la presenza della persona defunta, il quale non riguarda un fenomeno allucinatorio o patologico ma si tratta di un’esperienza confortante, in situazioni di veglia, che tende a diminuire durante gli anni;
  2. Vivere la persona scomparsa come guida morale in specifiche situazioni, ad esempio, nei processi decisionali potrebbe capitare di chiederci “cosa farebbe lei/lui in questa situazione?”;
  3. Parlare con la persona scomparsa, ovvero instaurare un dialogo di condivisione di pensieri e sentimenti con essa;
  4. Parlare della persona defunta, soprattutto con chi conosceva tale persona, premettendo così di ripercorrere una narrazione di significati in un’importante tappa di contatto ed elaborazione.

Coltivare quindi il legame con la persona scomparsa è benefico per il nostro benessere psico-emotivo. Ci aiuta ad elaborare la perdita, trasformando il dolore in un senso di gratitudine e continuità. Ricordare chi fisicamente non c’è più significa riconoscere l’impatto che ha avuto nella nostra vita e mantenere viva la loro presenza in noi come fonte di forza, saggezza ed ispirazione.

Fonti:

Berrino, F., Bortolazzi, E. (2021). Il mandala della vita. 12 leggi per ritrovare l’armonia e la felicità.  Milano: Mondadori.

De Luca, M. L. (2023). Psicoterapia per il lutto. La Grief and Growth Therapy: un approccio integrato in una cornice di analisi transazionale. Milano: San Paolo Edizioni.

Klass, D., Walter, T. (2001). Process of Grieving: How Bonds Are Continued. In: M. S. Stroebe, R. O. Hansson, W. Stroebe, H. Schut, Handbook of bereavement research. Consequences, coping, and care (431-448). Washington, DC: American Psychological Association.

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